🌐 Internet ed i suoi confini invisibili

Il tuo Google è diverso dal mio. Ed il nostro Google, in quanto italiani, è diverso da quello dei nostri cugini d’oltralpe. E volendo guardare ancora oltre, il Google di noi occidentali è completamente diverso da quello di chi vive in Oriente e ha usi e costumi differenti dal nostro.

Partendo da questa considerazione, due ricercatori americani hanno sviluppato uno strumento che consente di confrontare i risultati di diversi paesi utilizzando una stessa query su Google. Le differenze sono impressionanti e mostrano l’esistenza di invisibili confini geopolitici anche sul web.

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I motori di ricerca non sono neutrali come crediamo e nemmeno i risultati che visualizziamo. È questa la conclusione di un progetto di studio guidato dai due ricercatori, Rodrigo Ochigame e Katherine Ye, riportato da Wired.

Search Atlas è il prototipo degli strumenti che hanno sviluppato e che ci permette di vedere come i risultati variano da paese a paese oltre quelli che chiamano confini geopolitici.

Abbiamo sviluppato un motore di ricerca che ti consente di cercare in molte lingue e luoghi diversi, ha scritto Katherine Ye su Twitter il 2 luglio. Durante la nostra ricerca, abbiamo trovato alcune differenze sorprendenti nei risultati di Google. Search Atlas ti permette infatti di vedere, per ogni ricerca sul motore di ricerca, quali sono i risultati in tre diversi paesi. Essi vengono poi tradotti automaticamente ed è possibile anche cercare immagini, il che consente di avere una rappresentazione visiva ancor più sorprendente dei risultati.

Sul loro sito, i ricercatori hanno illustrato alcune di queste ricerche: ad esempio le differenze nelle ricerche di parole come “Dio” per le ricerche su Google eseguite in Bulgaria, Azerbaigian e Mongolia. In Bulgaria, i risultati mostrano le prime rappresentazioni di Gesù o del Dio cristiano. In Azerbaigian, Google mostra prima la calligrafia della parola “Allah”, mentre in Mongolia appaiono per prime le immagini del Buddha.

Internet è quindi pieno di confini invisibili — geografici, linguistici, religiosi, culturali, politici — che influenzano le informazioni che gli utenti possono vedere. I motori di ricerca modellano questi limiti informativi personalizzando le informazioni da mostrare agli utenti in base alla loro posizione, lingua e molti altri criteri. Ma questi limiti non sono le uniche cose che Google e i motori di ricerca tengono in considerazione quando indicizzano le risposte. I ricercatori, infatti, spiegano che i risultati della ricerca sono influenzati da un numero molto elevato di fattori, che variano in base al paese.

Questi risultati sono il prodotto degli interessi dell’utente, ovvio, ma anche di una complessa rete di imposizioni di ricercatori, aziende e stati. E così, i risultati che otterrà saranno influenzati dai presupposti degli ingegneri, che a loro volta sono condivisi da aziende, regolamenti ufficiali, metodi e teorie di ricerca, oltre che dalla storia dell’utente, la sua localizzazione, la sua lingua e centinaia di altri parametri. Questa asimmetria tra gli utenti può consentire di trovare risultati che corrispondono meglio alle aspettative di alcuni, ma è anche molto pericolosa nei paesi in cui il regime politico sceglie di fare disinformazione.

Anche i giornalisti di Wired, sono stati in grado di testare lo strumento — che non è ancora disponibile pubblicamente — e i risultati sono preoccupanti. La loro ricerca si è concentrata su Piazza Tian’anmen, una delle piazze più importanti di Pechino dove si sono svolte le proteste contro il regime comunista nel 1989 e dove è stata scattata la celebre foto di un uomo solo davanti ai carri armati dell’esercito. Hanno svolto le loro ricerche nel Regno Unito, a Singapore e in Cina (sebbene Google sia bandito nel paese, alcuni utenti di Internet riescono ancora ad accedere al motore di ricerca grazie alle VPN), e quello che è emerso dovrebbe far pensare.

Una ricerca su Google nel Regno Unito e a Singapore mostrano le foto della piazza nel 1989, durante la repressione delle proteste studentesche, così come la foto dell’uomo solo di fronte ai carri armati, e sono risultati che ci aspetteremmo di trovare su qualsiasi motore di ricerca di un paese occidentale e/o democratico. I risultati di Google in Cina mostrano invece le foto della piazza, soleggiata e affollata di turisti e non si fa menzione alcuna delle proteste e dei conflitti.

La personalizzazione dei motori di ricerca in base a cronologia passata, usi, costumi, localizzazione geografica non è però prerogativa solo di Google ma anche di tante altre piattaforme web e social. Per restare negli uffici di Mountain View, anche Youtube applica gli stessi filtri durante le ricerche o nella schermata home. È curioso vedere come può cambiare la pagina dei video consigliati se a visualizzarla è un liberale, un negazionista / complottista o un fruttariano. Potrebbe essere un modo per “proteggere” gli utenti, per farli sentire a casa, ma l’influenza che i motori di ricerca, e soprattutto Google, hanno nella vita di tutti i giorni è troppo spesso sottovalutata.

Le persone fanno ai motori di ricerca domande che non oserebbero porre a persone che conoscono e le cose che vedono su Google possono letteralmente cambiare la loro vita e come ti approcci ad essa. Possono essere ricerche tipo “come abortire”, “come votare”, “come vaccinarsi””. Diventa quindi sempre più urgente misurare i molteplici bias dei motori di ricerca ed informare tempestivamente gli utenti, in particolar modo quelli più giovani.

📰 News

  • Se le startup che forniscono strumenti digitali ai creatori di contenuti iniziano a ricevere ingenti finanziamenti dalla Silicon Valley, lo stesso sta avvenendo per i creatori di contenuti. Zuckerberg ha annusato l’affare ed ha annunciato pochi giorni fa un ambizioso piano di incentivi per creators, promettendo di distribuire 1 miliardo di dollari nel solo 2022 a tutti coloro che producono contenuti all’interno delle piattaforme Facebook.
  • TikTok è diventata la prima applicazione non Facebook a superare la soglia dei 3 miliardi di download a livello globale. Inoltre, il tempo trascorso su TikTok ha superato quello dedicato a Facebook e Instagram nel 2020.
  • Pensi di averne abbastanza dei vocali di Whatsapp? Allora preparati: il futuro dei social potrebbe essere sempre più l’audio short form.
  • Concorrenza e pandemia hanno rallentato la crescita di Netflix, ma che per il futuro punterà forte sui videogame.
  • Sono un grande sostenitore degli esperimenti perché è meglio fallire provando a fare qualcosa che restare completamente passivi. Detto questo, Twitter avrebbe magari dovuto pensarci su due volte prima di scopiazzare Instagram (che a sua volta copiò Snapchat) con la sua versione delle storie, Fleets. Dopo pochi mesi chiude già i battenti.

💡 Learn

  • Una breve ma interessante analisi di come Clubhouse, Bitclout & Co. sono riusciti a rendere virali i propri lanci.
  • Una nutrita lista di 280 siti, blog e directory dove pubblicizzare la propria startup. E qui un elenco di gruppi Facebook e Telegram dove sponsorizzare i propri lanci su Product Hunt.
  • Ora per la Gen Z anche flirtare è cringe.
  • La curiosa storia dell’isola polinesiana di Tuvalu, che fa cassa grazie alle commissioni provenienti dal licensing del suo dominio web .tv con Twitch che è uno dei più grossi finanziatori.
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📈 Trends & Stats

  • Un’interessante serie di tweet che riassume la storia di Amazon Web Services e ne analizza il business model.
  • Alcuni brand DTC negli Stati Uniti stanno progressivamente abbandonando Facebook, Slack o Whatsapp a favore di piattaforme più moderne e apprezzate dai Gen Z come Geneva per creare gruppi privati ​​con i loro migliori clienti o influencer.
  • La classifica dei principali mercati e-commerce nel 2021. E una dei 133 brand DTC più famosi al mondo.
  • I millennial sono uno dei più importanti segmenti demografici e stanno raggiungendo la loro piena maturità. Ecco le industrie che ne trarranno i maggiori benefici.
  • Un report sullo stato del freelancing a livello globale nel 2021.

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