Oltre che per il caldo, le diatribe sul green pass e, ahimè, la crisi in Afghanistan, questa estate (e non è ancora finita) verrà ricordata anche per la trionfale spedizione azzurra alle Olimpiadi di Tokio. Tra i tanti sportivi ad avermi colpito, oltre ai ben noti Jacobs e Tortu, c’è stato anche Gianmarco “Gimbo” Tamberi, oro nel salto in alto e protagonista di un simpatico siparietto con l’avversario qatariota durante la premiazione. Un evento più unico che raro vedere due sportivi condividere un successo mettendo da parte invidia e competizione.
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Approfondendo la carriera di Tamberi su Wikipedia (lo ammetto, non lo conoscevo), link dopo link, mi sono imbattuto in una storia sul salto in alto che mi ha incuriosito parecchio, e che credo rappresenti un chiaro esempio di quel che possiamo definire come monopolio personale.
Messico, Ottobre 1968. I Giochi Olimpici erano in pieno svolgimento. Tra i tanti sportivi in gara per il salto in alto, uno spiccava su tutti. Dick Fosbury: l’unico atleta non professionista. Laddove gli altri si allenavano per ore al giorno, lui lo faceva per hobby, perché il suo reale obiettivo era quello di diventare un ingegnere affermato. Con la sorpresa di tanti arrivò in finale. Ed Caruthers, il grande favorito, non riuscì a superare i 2,24 metri.
Toccò a Dick il dilettante: tra lo stupore di tutti, invece di saltare ventralmente come i suoi avversari, si girò, ruotò il busto in elevazione ed atterrò sul materasso senza toccare l’asticella. Divenne il nuovo campione olimpico. Dick Fosbury vinse l’oro stupendo tutti, non solo perché atleta amatoriale ma anche perché in quel momento rivelò al mondo la tecnica che, da quel giorno, diventò lo standard per tutti i professionisti: il Fosbury-flop.
Proprio questa impresa del nostro Dick rappresentò il suo monopolio personale, ossia la somma di tutti i suoi interessi, curiosità e competenze e dove alla loro intersezione riesce a creare il maggior valore per la società.
Specializzarsi in una disciplina è cosa comune, essere competente in due o più discipline è più raro. La loro combinazione ha quindi un valore intrinseco enorme. E più dimensioni aggiungiamo a queste intersezioni, più raro, unico e prezioso sarà il risultato, rendendolo così un monopolio. Dick ha sfruttato le sue competenze per avere la meglio in uno sport che fino ad allora si era basato su tecniche prestabilite: vedendo il corpo con gli occhi di un ingegnere, constatò come il bacino potesse raggiungere una maggiore elevazione saltando all’indietro. Come ogni innovazione non è stata esente da critiche e sbeffeggiamenti da parte degli addetti ai lavori ma lui, da buon pioniere, ha perseverato. E la tenacia ha ripagato tutti i suoi sforzi.
I monopoli personali sono quindi la fonte della maggior parte delle innovazioni dei nostri tempi: i generalisti interessati a un nuovo campo hanno una facilità di innovare e di fare previsioni spesso superiori agli esperti. Poiché le loro abilità si intersecano, si mescolano e si completano più facilmente.
Steve Jobs conosceva qualche rudimento di programmazione e hardware, ma non lo si poteva certo definire un esperto come il suo amico Wozniak. Jobs aveva una passione morbosa per il design, per la comunicazione, per la leadership. Ed è proprio all’intersezione di queste competenze che si è creato il monopolio personale della Apple, così come la conosciamo oggi.
Faccio un esempio: sei un analista finanziario e la tua passione più grande è il vino. Puoi usare le tue conoscenze finanziarie e consigliare investimenti in bottiglie di vino di fascia alta con una newsletter a pagamento o attraverso una community privata.
Esistono analisti finanziari più bravi di te? Sicuramente. Ci sono persone più appassionate al vino di te? Ovvio. Ma le tue competenze generano valore in modo trasversale e proprio perché più rare da trovare in un’unica persona diventano il tuo monopolio personale.
Coltivare il proprio monopolio personale significa rendersi conto che tutti ne abbiamo uno, che tutti siamo un brand con punti di forza e di debolezza. Comunicare, scrivere, innovare, fare impresa, creare contenuti significano prendere il controllo del proprio monopolio e sbloccare infinite opportunità.
Proprio come un salto alla Fosbury.
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