La concorrenza di Netflix, secondo Netflix, non è solo Amazon Prime, Disney+ o NowTv. Per Reed Hastings la concorrenza reale comprende i videogame come Fortnite, i social come TikTok, Instagram, Youtube o i contenuti di qualsiasi altro servizio OTT che un utente potrebbe scegliere di utilizzare in un qualsiasi momento del proprio tempo libero.
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In una lettera agli azionisti, proprio Hastings, scrisse:
All of the major entertainment companies like WarnerMedia, Disney and NBCUniversal are pushing their own streaming services and two of the most valuable companies in the world, Apple and Amazon, are growing their investment in premium content. In addition, TikTok’s growth is astounding, showing the fluidity of internet entertainment. Instead of worrying about all these competitors, we continue to stick to our strategy of trying to improve our service and content every quarter faster than our peers. Our continued strong growth is a testament to this approach and the size of the entertainment market.
Dicevamo dei concorrenti: TikTok fa paura, e così come Fortnite, entrambi sono dannatamente semplici da fruire: apri l’app e sei immerso in un non-luogo alternativo che potrebbe impegnarti teoricamente per ore (ne avevo parlato proprio su questi canali). Il binge watching non è più solo di serie TV originali ma anche di video generati dagli utenti, e di livelli virtuali dove sconfiggere il mostro di turno.
Su Netflix non è proprio così: la prima barriera è proprio la scelta del contenuto. Su Netflix ci sono 3781 film e 1940 serie TV: una marea di roba.
E sui blog, forum e gruppi Facebook ci si domanda continuamente quale film vedere per ottimizzare il proprio tempo libero e non sprecarlo guardando film scadenti.
Ecco perché Netflix spende tanto per il suo algoritmo di raccomandazione. Nel 2009 aveva deciso di istituire un premio di 1 milione di dollari, il celeberrimo Netflix Prize, da versare a chi avrebbe sviluppato il miglior algoritmo di suggerimento dei contenuti possibile (che però non venne mai utilizzato).
L’80% dei contenuti visualizzati infatti si basa su quelli raccomandati. Ma Netflix non usa l’algoritmo solo per trattenere gli utenti: sfrutta appunto i big data raccolti per creare contenuti originali e sartoriali. E sa anche esattamente quanto tempo ha a disposizione per consigliarti il miglior prodotto possibile prima di perderti: 90 secondi.
Nonostante tutte le strategie di ottimizzazione in essere, i contenuti sono ancora troppi. E questo rappresenta un problema. Aver rivisto il suo catalogo del 40% dal 2014 al 2019 non è ancora sufficiente. La scelta di Disney+ è più prolifica: quest’ultima ha meno del 20% del catalogo Netflix, ma ha titoli più apprezzati, secondo IMDB.
Il paradosso della scelta
Nel suo libro The Paradox Of Choice: Why More Is Less, lo psicologo Barry Schwartz spiega come l’aumento del numero di opzioni disponibili renda le persone, al momento di una scelta, più infelici ed insicure. Come in ristorante quando si ha davanti un menu di otto pagine. La scelta diventa molto più semplice quando di pietanze a disposizione se ne hanno al massimo una ventina.
Oppure è da citare l’esperimento del 2000 di Mark Lepper, psicologo di Stanford: in una drogheria furono sistemati due diversi banchetti, uno con 24 tipi di marmellate, ed un altro con soli 6 tipi. Di coloro che si fermavano di fronte al banchetto espositivo da 24 solo il 3% alla fine ne acquistava una confezione. Diversamente, la percentuale saliva al 30% nel caso del banchetto da 6. Da qui il paradosso: se un utente ha troppe scelte, non sceglie. O ci mette troppo tempo a farlo (vedi legge di Hicks).
Una proposta costituita da molte opzioni ci attira, ma finisce per disorientare rendendo difficile il processo decisionale d’acquisto. In altre parole abbiamo più difficoltà nel decidere cosa acquistare poiché dobbiamo valutare più alternative.
Ecco perché Netflix investe così tanto nello studio delle abitudini di visione dei suoi utenti e nella raccomandazione dei contenuti: la scelta è così vasta che gli utenti non sanno più cosa guardare. E il cervello umano poi è tremendamente pigro che ha bisogno di un aiutino.
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