Factanza, aka l’informazione che crea (in)dipendenza

Ecco che un nuovo format si affiancherà a quello che già conoscete: l’intervista. Nel corso delle prossime settimane cercherò di presentare alcune realtà particolarmente interessanti del panorama tech Italiano. Dalle startup che vale la pena conoscere ai creator più influenti. Oggi è il turno di Bianca Arrighini, CEO e co-founder di Factanza, la new media company da oltre 180.000 follower, che vuole rendere l’informazione e l’attualità più smart e accessibile ai più giovani.

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Bianca, raccontaci, com’è nata Factanza?

Ciao! Factanza, che da un anno a questa parte è diventata un’azienda, in realtà è nata nel marzo del 2019 come progetto amatoriale. Io e Livia Viganò, grande amica e co-founder, stavamo frequentando il terzo anno di economia e ci siamo accorte che la nostra generazione era completamente tagliata fuori dai canali informativi tradizionali, che non comunicavano né con i mezzi né con il linguaggio giusto per raggiungere e coinvolgere i ragazzi (noi in primis). Abbiamo quindi deciso di aprire Factanza su Instagram, social dove passavamo la maggior parte del nostro tempo, cercando di creare una piattaforma affidabile con cui informarsi in maniera comprensibile, accattivante e veloce.

All’epoca si trattava perlopiù di uno sfogo alle nostre passioni (per il giornalismo di Livia e mia per la grafica) che all’università non avevamo molte opportunità di utilizzare.

All’inizio ci seguivano soltanto pochi nostri amici e pubblicavamo molti meno contenuti (fare informazione su Instagram sembrava quasi strano, nella jungla dei social c’era soltanto qualche divulgatore scientifico che iniziava ad avere seguito), ma con lo scoppio della pandemia è esploso anche il trend dell’informazione 3.0. In particolare è emersa l’esigenza di trovare informazioni affidabili e di facile comprensione, soprattutto a causa dell’allarmismo e dell’infodemia creata dai media tradizionali durante i diversi lockdown.

Di conseguenza la nostra audience ha iniziato a crescere molto velocemente, abbiamo fondato l’azienda e abbiamo compreso di aver trovato qualcosa di cui anche le altre persone sentivano la necessità. Da allora riuscire a raggiungere e informare quante più persone possibili è diventata la nostra mission.

Qual è il business model di Factanza? Come si sostiene e come può rimanere indipendente in futuro?

Al momento, essendo una startup, le nostre risorse provengono da un fondo di investimento che ha creduto nel nostro progetto.

​Dato che Factanza è nata sui social il business model è basato prevalentemente sul branded content, e sicuramente lo sarà fino a quando non avremo una audience di dimensioni più consistenti. Facendo informazione, l’advertising è un tema molto delicato: la fiducia, la trasparenza e il rapporto con i nostri utenti è la cosa a cui teniamo di più, e questo esclude molte aziende a priori. In qualsiasi caso crediamo sia essenziale riuscire a selezionare realtà in linea con i nostri valori, inserendole nel nostro piano editoriale in modo coerente. Nel frattempo stiamo iniziando a pensare a un modello di business che comprenda anche l’appoggio diretto della nostra community, ma per questo c’è ancora tempo. L’anno scorso, un po’ come test, abbiamo messo in vendita un libro (ed è andato davvero molto bene) e una sorta di mini-abbonamento a metà tra il fisico e il digitale.

In che modo intercettate l’utente? Quali sono le strategie di crescita ora e quali sono state quelle più importanti all’inizio del vostro percorso?

La nostra strategia di crescita è basata quasi esclusivamente sulla qualità dei contenuti. Abbiamo iniziato giusto qualche giorno fa a sponsorizzare alcuni post, ma da quando è nata la pagina siamo cresciuti quasi esclusivamente in modo organico, grazie alle condivisioni dei post, alle menzioni e al passaparola.

​Credo sia fondamentale trattare (bene) il tema giusto nel momento giusto.

Factanza ha una newsletter (Weekly Pills) e anche tu hai lanciato la tua (Cose dal web), recentemente. Quali altre newsletter segui di solito?

Beh, sicuramente LetMeTellIt (non scherzo, sono davvero contentissima per questa intervista, grazie!) 😁 Le altre newsletter italiane che non posso perdermi sono quelle di Valerio Bassan (Ellissi), Jacopo Perfetti (Corrente), Francesco Oggiano (Digital Journalism) e Ultimate Tools di Giovanni Fabris.

Per il resto credo di essere iscritta a tutte le testate nazionali e internazionali, ma questa è un’altra storia.

​E quale futuro vedi per questo canale in Italia nel futuro prossimo?

Premetto che è un mondo che ho scoperto di recente. Un mondo che anche l’Italia ha scoperto tardi e che ha ancora un enorme potenziale di crescita.

​Per quanto riguarda le newsletter dei media “tradizionali”, l’editoria italiana è un mondo a sé stante, molto diverso quello delle altre nazioni. Per questo ora come ora non vedo un panorama roseo per le grandi testate, a meno che non rivoluzionino il loro modo di comunicare riacquistando la fiducia degli utenti.

Invece credo tantissimo nelle newsletter indipendenti, soprattutto grazie all’intimità che si crea tra l’autore e l’utente. Intimità, abitudine e fiducia sono elementi imprescindibili per creare un rapporto di valore con una community.

A volte trattate argomenti divisivi. Come fate a tenere a bada haters e commenti offensivi?

Non ci riusciamo. No, scherzo. Ci riusciamo, più o meno, ma non è facile.

Prima di tutto proviamo a prevenire possibili “accuse” rimanendo sempre imparziali (a meno che non si tratti di diritti civili, uniche tematiche su cui ci esponiamo fermamente).

È difficile mediare quando i post diventano virali, ma proviamo a rispondere con numeri e dati di fatto. Quando possono essere offensivi per qualcuno può capitare di dover eliminare alcuni commenti.

Per fortuna la nostra community è composta per la maggior parte da utenti molto affezionati e difficilmente riceviamo critiche da haters. Le due shitstorm più grandi sono state causate dai follower di un’altra pagina Instagram sotto un post sulle donne nelle discipline STEM e da “VV” (un gruppo no-vax).

L’identità grafica perfetta, i copy sempre sul pezzo, i podcast, la newsletter. C’è un sacco di lavoro dietro, com’è composto il vostro team?

Prima di tutto grazie mille per i complimenti! Al momento siamo in 7: io, Livia, Arianna (full time per la parte grafica), Francesco (part time sempre per le grafiche), Giulia, Irene e Matteo per la parte di redazione. Lavoriamo tanto e spesso in team e cerchiamo di produrre quanti più contenuti possibili mantenendo sempre un’alta qualità.

Come decidete quali argomenti trattare? Ci sono un direttore ed un caporedattore come in un normale quotidiano? E avete un ufficio o lavorate tutti da remoto?

Da qualche mese a questa parte abbiamo un ufficio fisico a Milano, una grandissima svolta! Come dicevo prima, lavoriamo molto in team. A inizio settimana facciamo un brainstorming tutti insieme e cerchiamo di programmare i contenuti settimanali. Le proposte possono arrivare sia dalla parte di redazione, coordinata da Livia, che da quella grafica, coordinata da me. Ovviamente, trattandosi di attualità, capita spesso di dover cambiare i piani, ma proviamo a mantenere comunque un buon equilibrio tra i temi più “hot” e quelli “evergreen”.

​Abbiamo una struttura molto flessibile, che per il momento è molto diversa da quella dei quotidiani tradizionali.

Come vedi Factanza tra 5 anni?

Mi piace immaginare Factanza come il punto di riferimento sicuro per le nuove generazioni per tutto quel che riguarda l’informazione. Come un brand che possa rendere cool il fatto di informarsi costantemente e faccia scoprire ai ragazzi quanto sia bello imparare e scoprire come funziona il mondo.

​Mi immagino un’azienda sempre pronta ad innovare ed innovarsi, che comunica con i ragazzi, li ascolta, e li guida verso una concezione della realtà più consapevole.

Ci saranno un sacco di cose da sistemare nei prossimi anni, soprattutto in Italia. Quello che spero per la nostra azienda è che possa avere un impatto reale sulle persone.

Infine, consigliaci la tua playlist musicale ideale!

Questa è senza ombra di dubbio la domanda più impegnativa di tutte! Probabilmente la mia playlist perfetta sarebbe quella che si adatta in modo automatico al mio umore, spaziando da hit super trash a Chopin senza soluzione di continuità. Esiste già?

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Linkedin vuole fare concorrenza ad UpWork e Fiverr lanciando il suo marketplace per freelancer. Mentre Pinterest inaugura la sua tv.

Questa è la parte della newsletter dove si parla di Facebook (ehm, Meta): Francis Haugen ne ha dette quattro sulla sua ex azienda, durante il Web Summit di Lisbona, che sarebbe un peccato non leggere. Hey Mark, ho creato il Metaverso 27 anni fa. Ed era terribile come lo è ora. Intanto quelli de Il Post hanno provato a lavorare in un ambiente virtuale, e no, non è stato tutto rose e fiori.

Uno studio riporta come Instagram Reels abbia prestazioni molto migliori di TikTok in termini di pubblicità video, in particolare con un CPM di quasi tre volte inferiore.

Fortnite abbandonerà il mercato cinese da metà Novembre. Troppe restrizioni imposte dal Governo e poche possibilità di guadagno. E non è stata la prima né sarà l’ultima.

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Ecco a voi la skimpflation, che è come l’inflazione, ma più grave.

In una delle sue ultime newsletter, Ana Andjelic parla (a ragione) della morte della B-Corp. Man mano che diventiamo sempre più consapevoli dell’impatto sociale, economico ed ambientale delle aziende, diventa meno necessario ottenere l’etichetta di sostenibilità. Semplicemente perché tutte dovranno inequivocabilmente essere sostenibili: quando essere socialmente ed ecologicamente responsabili è una conditio sine qua non agli occhi del consumatore, questo non è più un elemento differenziante.

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Se volete visualizzare le dimensioni del pubblico presente al vostro prossimo speech questo articolo fa per voi.

La Cina potrebbe presto diventare il primo mercato al mondo nel lusso di seconda mano.

Squid Game, BTS, Parasite, k-pop e k-beauty: il successo della cultura coreana spiegato bene.

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Il nuovo trend dell’Hellmaxxing su TikTok (che non è una bella cosa) e quello più innocente del TextTok.

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Marble consente di creare videocorsi brandizzati, training per dipendenti o customer onboarding in modo semplice e automatizzato. E si interfaccia con numerosi applicazioni esterne. Un’ottima alternativa ai più conosciuti Teachable o Kajabi. In offerta Lifetime a 69$ anziché 1590$.

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Difficile fare concorrenza a Sketch, Figma o Adobe XD, ma Lunacy ha tutte le carte in regola per provarci. Software di prototipazione e grafica gratuito, compatible per Mac o Windows, supportato dall’intelligenza artificiale, con background remover, image upscaler, text generator e un vasto archivio di grafiche incluse.

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