La Ferragni dipendeva da Instagram. Montemagno da Facebook. Aranzulla da Google. Col tempo, sono stati bravi a gestire la loro immagine e diventare indipendenti dalla piattaforma che li ha resi celebri.
Ma come? Ci hanno messo la faccia. Ne ho parlato giusto qualche settimana fa: le piattaforme online possono cambiare i loro algoritmi repentinamente o far chiudere i vostri canalidall’oggi al domani.
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Qual è la ricetta giusta allora? Dimostra le tue competenze, trova qualcosa di interessante da dire, che faccia riflettere o divertire, fortifica la tua reputazione, adatta la tua comunicazione al tipo di piattaforma. Studia i nuovi trend. Rispondi alle critiche. Anche se vendi un prodotto o servizio, mettici la faccia e guadagna la fiducia dei tuoi clienti. Se riconosciamo subito Steve Jobs, Elon Musk ma anche Roberto Carlino e Giovanni Rana c’è un motivo.
Guarda nel banner in alto a destra: ci sto provando pure io (funzionerà?).
L’abilità sta tutta nel riuscire a creare un personal brand sufficientemente robusto da diventare platform agnostic e antifragile.
E se invece non vuoi metterti in gioco in prima persona?
Ci sono casi in cui si preferisce restare “dietro le quinte” per N motivi: timidezza, bassa stima di se stessi, timore per la propria privacy, conflitto vita-lavoro.
Con un pò di fantasia, si può creare un personal brand anche in questi casi.
Su Twitter seguo alcuni profili davvero interessanti e che amano restare in incognito (tipo lui). Oh, si fanno notare, e sanno essere veri influencer. Ma sono eccezioni che confermano la regola.
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