Svezia, la Silicon Valley d’Europa

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Qualche giorno fa avevo condiviso con i miei contatti Linkedin un interessante post su Reddit in merito alla scena tecnologica italiana e agli scarsissimi investimenti VC nel Belpaese ed il quadro emerso non è affatto lusinghiero per il nostro paese.

Perché l’Italia è così indietro? Tra le varie motivazioni addotte nel thread, in ordine sparso: la tecnologia è vista come un costo o passività invece che un asset, le persone non capiscono perché dovrebbero pagare per un bene immateriale come il software, si apprezza di più chi lavora duro di chi lavora in modo intelligente, il modello di business predominante è ancora fondato sul proprietario che guida e controlla l’intera azienda, problema culturale e scolastico o che la maggior parte dei nostri politici sono anziani e poco avvezzi alla tecnologia. Insomma, tutte cose che già conosciamo.

Al che ho voluto approfondire la situazione di altri paesi europei, scoprendo che la Silicon Valley esiste anche in Europa, e no, non è né in UK, né in Germania.

Non solo Ikea, non solo renne, ma anche unicorni. La Svezia, infatti, è al secondo posto al mondo, subito dopo la Silicon Valley, per numero di aziende che hanno raggiunto una valutazione di mercato di oltre 1 miliardo di dollari, ogni 100.000 abitanti.

Dal paese scandinavo arrivano startup da noi ben conosciute come Spotify, Skype, Minecraft, King (Candy Crush), Tink, Klarna e molte altre che impareremo a conoscere presto come Trustly, Einride, GoKind, Juni o Stockeld. Niente male per un Paese di soli 10 milioni di abitanti.

Non è un caso quindi che, con circa 900 dollari di investimenti in capitale di rischio pro capite, la Svezia ottenga il punteggio più alto in Europa, davanti a Irlanda e Regno Unito e ricoprendo il ruolo incontrastato di leader europeo.

Ma la Svezia gioca ad un altro sport anche negli investimenti in tecnologie ad impatto, o meglio ESG (Environment Social Governance). Addirittura è davanti a UK e Germania e nel 2021, ben 3,6 miliardi di dollari sono stati investiti in quelle aziende che hanno a cuore gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Si pensi a Northvolt, il produttore di batterie elettriche che ha raccolto la cifra monstre di 2,75 miliardi di dollari, portando l’importo totale raccolto da questa azienda dalla sua fondazione nel 2016 a 11,75 miliardi di dollari e che ha, come obiettivo, quello di aumentare le sue capacità produttive e soddisfare gli ordini di Volkswagen, BMW, Scania, utilizzando quasi esclusivamente energie rinnovabili. Da menzionare anche il caso di Kry, la startup di teleconsulto medico che ha raccolto con successo un finanziamento di 312 milioni di dollari.

Dove ricercare le origini di questo successo?

Come prevedibile, una politica proattiva dello Stato: a partire dall’istruzione universitaria gratuita, fino ai personal computer gratis per tutti gli abitanti dal 1999 al 2001. In questi anni infatti, è stato messo in atto un piano statale che ha dotato tutte le famiglie svedesi di un PC gratuitamente, favorendo così l’accesso di massa al web. E poi c’è il potenziamento delle infrastrutture: la Svezia è il secondo paese in Europa, ed ottavo nel Mondo per copertura della connessione a banda larga (l’Italia è 47ma, fyi) con il 94% della popolazione svedese che ha accesso alla rete veloce.

Ma il ruolo dello Stato non si ferma qui: sostiene le start up attraverso sovvenzioni e partecipazioni a seed fund, incubatori e acceleratori. Inoltre, per le sue dimensioni, la capitale Stoccolma è una città ideale dove fare networking. Va poi ricordato come la Svezia abbia il più alto tasso di reinvestimento in progetti nazionali: Niklas Adalberth, co-fondatore di Klarna, Niklas Zennstrom, fondatore di Skype, e Martin Lorentzon, co-fondatore di Spotify, sono tutti attivi negli investimenti in startup svedesi emergenti, e tutti i loro capitali non hanno mai abbandonato il paese, nonostante una tassazione piuttosto elevata.

Un’altra ragione potrebbe essere quella della grandezza del mercato di riferimento: per le startup scandinave le opportunità di crescita risiedono quasi esclusivamente fuori dal proprio paese. Si pensa e si ragiona in modo diverso sin dal primo giorno. E volendo paragonare la situazione svedese a quella italiana, qui possiamo creare un prodotto per un mercato già piuttosto ampio, ma che potrebbe rendere difficile l’internazionalizzazione successiva.

Ma attenzione, questa non deve essere una giustificazione. Possiamo e dobbiamo fare molto di più anche noi.

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